Raboni il profeta

Quare tristis

Si stanno avvicinando le presidenziali americane, campagne elettorali, programmi dell'ultimo minuto, spettacolari faccia a faccia televisivi...
In Italia la situazione è al limite dell'indecenza (nell'intorno destro però...): scandali a livello provinciale, regionale, primarie alle porte, echi e strascichi di calciopoli, chi si deve dimettere? Chi deve restare?
Un assordante brusio di parole vuote. Promesse a cui non crede più nessuno.
Parole poco eleganti e visto che questo blog è scritto e concepito all'insegna dell'eleganza e dello stile, cerco di raddrizzare il tiro spiegando quale poteva essere una lettura dei nostri tempi in un sonetto di Giovanni Raboni, compagno di vita della già menzionata Patrizia Valduga.


Quare tristis

Stare coi morti, preferire i morti
ai vivi, che indecenza! Acqua passata.
Vedo che adesso più nessuno fiata
per spiegarci gli osceni rischi e torti

dell’ assenza, adesso che è sprofondata
la storia … E così tocca a noi, ci importi
tanto o quel tanto, siano fiochi o forti
i mesti richiami dell’ostinata

coscienza, alzare questa poca voce
contro il silenzio infinitesimale
a contestare l’infinito, atroce

scempio dell’esistente … (Al capitale
forse è questo che può restare in gola,
l’osso senza carne della parola.)




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