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Visualizzazione dei post da 2014

La Milano della nostalgia

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Roberto a San Siro Per quanto riguarda la musica, un periodo che, anagraficamente, non ho vissuto ma rimpiango tantissimo di non averlo fatto, è la prima metà degli anni '70. In ambito internazionale erano gli anni migliori dei Pink Floyd ( The dark side of the moon e Wish you were here ), dei Led Zeppelin, degli ultimi Doors e tanti tantissimi altri... Anche in italia in quel periodo c'era un discreto movimento e il rock progressivo ne è una delle manifestazioni più originali e riuscite: il Banco del Mutuo Soccorso scrive tra il '70 e il '75 i suo quattro album più belli, la Premiata Forneria Marconi in Storia di un minuto sforna la sua più celebre canzone, Il Rovescio della Medaglia con Contaminazione unisce le nuove sonorità del progressive alle fughe di Bach, etc... E' davvero un momento d'oro per la musica italiana e internazionale. In questo contesto, in questa Italia c'è un gruppo di cantautori già affermati che ai virtuosismi musicali preferis

Claudio, caro fratello mio

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Quando la religione è ridotta a pretesto Troppe volte in questi ultimi mesi si è sentito parlare di esecuzioni pubbliche in nome dell'Islam, di Allah, o di chicchessia... Barbari e assassini che giustificano davanti al mondo i loro crimini in nome di un dio che, per qualche strana ragione, sembrerebbe complice di tali nefandezze. La storia è piena di vicende simili: nell'antica Roma davano in pasto i cristiani ai leoni nel Colosseo, poi, per non rimanere indietro si è data la caccia all'infedele nelle crociate. Dopodiché è servita una scusa per fare in modo che lo stesso dio cristiano in qualche modo autorizzasse le uccisioni di altri cristiani (che avevano smarrito la retta via). E allora giù con la caccia alle streghe e con i roghi. Cantava Battiato nel 1980: "un tempo si uccidevano i cristiani e poi questi ultimi con la scusa delle streghe ammazzavano i pagani. Ave Maria..." Sembra essere questo il tema portante che un giovane Claudio Baglioni tratta in Ge

Se vuoi toccare sulla fronte il tempo...

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Un incontro tra poesia e generazioni diverse Una domenica sera come tante, una pizza con gli amici e un cinema decisamente deludente. Non c'erano grandi aspettative per quel poco che rimaneva della giornata. Il viaggio di ritorno, fatto in modalità passeggiata della domenica, è stata occasione di risentire qualche vecchia canzone nell'autoradio. E improvvisamente la serata si accende. Come nei migliori film di Nanni Moretti, ci si ritrova a cantare a squarciagola una canzone tutti insieme. Un capolavoro della nostra musica che da diversi mesi non avevo più ascoltato: Chiedi chi erano Beatles degli Stadio, scritto con la collaborazione di Roberto Roversi, giornalista, poeta e amico del gruppo, scomparso appena due fa.  L'incontro tra generazioni più o meno distanti è stato un topos  fortunato della nostra tradizione cantautorale, mi viene in mente Il vecchio e il bambino di Guccini o Portami a ballare di Luca Barbarossa, solo per citarne due.  Il testo di Rov

Una passione per l'arte

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Quando la canzone romana incontra il Jazz Si dice spesso che per un po' di arte, spettacoli di livello e cultura in generale bisogna spostarsi verso i grandi poli. Milano, Roma, Firenze, etc... Questo, da una parte, è sicuramente vero. Città grandi hanno più sponsor, più finanziamenti, più soldi da investire in eventi culturali di ogni tipo, dai concerti al teatro d'autore. Anche nei piccoli centri però si può avere la fortuna di assistere a spettacoli  interessanti. Dipende dallo spirito di iniziativa delle varie Pro Loco, dalla loro lungimiranza e dalle loro scelte artistiche. Nel piccolo paesino di Grotte di Castro (meno di 3000 abitanti), qualche sera fa, nella vecchia piazza del comune c'è stato lo spettacolo di "Passione Romana", dove un gruppo di musicisti più un attore, hanno portato in scena la poesia di Trilussa, di Belli, la canzone di Petrolini, Trovajoli, Magni, etc... tutto rivisitato in chiave Jazz. Uno spettacolo meraviglioso. Peccato la ris

Un Venditti diverso

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Quando la forza viene dalla differenza L'11 Luglio una della piazze più belle del mondo, quella di Siena, ha ospitato il concerto di Antonello Venditti. Sono andato poco convinto a dire la verità. La mia perplessità nasceva dal fatto che il Venditti degli ultimi 25 anni non mi ha mai entusiasmato, salve pochissime eccezioni. Comunque, essendo gratis, perché non andare? Mai decisione fu più indovinata. Il concerto del cantante romano riguardava interamente gli anni '70 e '80. Ero quasi commosso. E' stato bellissimo ascoltare i racconti e gli aneddoti dietro ogni canzone, dietro ogni momento della sua vita. E se qualche volta enfatizzava un po' cosa importa? Così è stato un susseguirsi di grandi canzoni: da Sora Rosa a Lilli, da Sara a Mio Padre ha un buco in gola, da Le tue mani su di Me a In questo mondo di ladri (canzone che in realtà non mi ha fatto mai impazzire). Tra le varie canzoni della serata ce n'è una in particolare che mi ha colpito. La

Una breve vacanza d'amore

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Parigi negli occhi di Vergnaghi Ascoltavo un pomeriggio una delle più belle trasmissioni radiofoniche di sempre, "Con Parole Mie", condotta dal brillante duo Broccoli-Bernardini (chiusa senza un vero perché da un poco illuminato Mucciante), quando alla fine di una lettura su Parigi sento per la prima volta le note di questa canzone. Ne resto colpito. Me ne innamoro. Poi mi domando come mai di questa canzone scritta nel 1978 non ne avessi mai sentito uno stralcio prima d'ora. Le radio non ha tempo di proporre questa musica vintage, di autori pressoché dimenticati. Mi ricorda un po' quello che è successo a un altro capolavoro (che ho conosciuto sempre grazie a Con Parole Mie) di Giorgio Laneve, "Amore dove sei". Ci vorrebbe un po' più di rispetto per questi grandi parolieri del passato, anche se la loro presenza nel panorama musicale italiano è stata davvero effimera.  Mino Vergnaghi ha vinto San Remo nel 1979 poi è scomparso. Ha collaborato recente

Con parole mie: riflesso di un'Italia che sta cambiando (in peggio)

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Ci meritiamo il Grande Fratello Stavo tornando a casa da scuola nel tardo pomeriggio. La scuola dista una trentina di chilometri da casa. Un trentina di minuti. Proprio per questo era il tragitto ideale per ascoltarmi qualche podcast. La radio è bellissima ma ha i suoi orari. Per fortuna questo piccolo difetto è stato colmato con l'invenzione del podcast. Ascolto "Con parole mie", la puntata del 2 aprile. Un Broccoli senza voce non lascia presagire nulla di buono. Subito dalle prime battute viene annunciata la chiusura di questa gloriosa trasmissione dopo 15 anni di attività. Non mi preoccupo più di tanto. Sarà uno scherzo d'aprile. Poi ci penso un attimo. In fondo il 2 aprile era mercoledì... se avesse voluto fare uno scherzo lo avrebbe fatto il giorno prima. Ascolto perplesso il resto della puntata. La chiosa finale con Montale  non lascia più alcun dubbio. I miei podcast si sarebbero interrotti il venerdì seguente. Resta l'amarezza e lo sconcerto p

Io che amo solo te

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Endrigo contro le nuove illusioni Cristicchi nella sua ultima fatica teatrale, Magazzino 18, racconta di un brutto episodio della storia italiana, l'esodo dall'Istria di decine di migliaia di italiani cacciati dalle terre perse dopo il secondo conflitto mondiale. Tra gli italiani che dovettero lasciare le loro case e i loro averi nella ormai terra slava c'è la famiglia Endrigo, originaria di Pola: il padre Romeo Endrigo, pittore e scultore e la madre  Claudia Smareglia.  Di Sergio Endrigo ci sono rimaste canzone bellissime purtroppo poco conosciute al grande pubblico. Quella che volevo riportare qui, in occasione della festa della donna, è una della più belle poesie d'amore scritte dal canatautorato italiano: Io che amo solo te, del 1962. Il canto di un uomo che contro gli eccessi e il materialismo dilagante di gente che ha avuto mille cose, contrappone secco la cosa che per lui più conta e più va difesa: la storia d'amore con la sua donna. La sempl