L'Italia dei mercanti e dei briganti
Tra teatro e realtà
Era da un po' che non scrivevo più un post. Ma si avvicinano le elezioni che ci porteranno verso un nuovo niente e non ho saputo resistere alla tentazione di proporvi un brano a metà tra teatro e musica leggera. Il teatro è quello di Paolini (...che, a sua volta, è quello di Vajont per capirci!) e la musica è quella dei Mercanti di liquore. Il brano, tratto da "Che te ne fai di un titolo" (ispirato a una poesia di Charles Bukowski) del 2005, racconta in pochi minuti gli ultimi 65 anni della storia del nostro paese, in una piacevole allegoria contrappuntata dalla voce di Marco Paolini. In questo album il gruppo lombardo esce dalla scia acustica simil-De André per seguire un sound più complesso e testi più profondi. Lo stesso album conterrà un omaggio al cantante livornese Ciampi ("La moglie brontolona") e uno a Jannacci ("La semi-automatica"). Insomma vi consiglio vivamente di ascoltarlo!
Nell'attesa di queste nuove elezioni, vi lascio alla nostalgia e alla prosa studiata di questo bellissimo brano. Buon voto a tutti... o quasi!
L'Italia (Ascolta il brano su Youtube)
"Quand'io l'ho conosciuta
l'Italia era già donna
e di costituzione
robusta, sana e forte
e più che lavorare
direi che tribulava,
poi dato che era grassa,
madonna se sudava..."
"Due bestie nella stalla
e un coro di galline,
a cui tirare il collo
per farci stare bene,
per farci festa l'Italia s'inventava
storie favolose chi lo sa come faceva..."
"Se la portavi in giro, l'Italia maglia rosa,
montava dietro in macchina perchè era rispettosa...
mezzo sedile a lei, e mezzo a noi fratelli,
non proprio di Mameli, però abbastanza belli..."
"Se andava a cena fuori
e lei mangiava tutto
che poi ci si poteva
specchiare dentro il piatto,
e con la pancia piena
di scatto lei s'alzava,
faceva un bell'inchino,
l'Italia e poi ballava.
noi zitti e affascinati dal ritmo dei suoi passi
ballava proprio bene come spesso fanno i grassi,
l'Italia nel volteggio sbuffava e s'impegnava
sembrava che cascasse ma si risollevava"
"Quando l'ho conosciuta
eravamo compaesani,
puzzava di miseria
e aveva modi strani
con quel vocione forte
e un tuono di risata,
contenta perchè viva
e in più sopravvissuta
a guerra dopoguerra e guerra dopo ancora
di indole puttana e in abito da suora,
maestra di furbizia e un pò voltagabbana
però rispetto ad altri, più tenera ed umana.
Aveva gli occhi ardenti
e un bel gesticolare,
il seno prominente,
un'aria familiare,
un corpo molto goffo
un pò fuori misura
tenuto insieme a stento
con i punti di sutura,
eppure è ancora bella magnifica e attraente,
una bellezza impudica e a volte sconveniente,
propensa e ben disposta ai vizi del piacere,
l'Italia sapeva anche godere..."
"Con il passare degli anni
ci siam persi di vista,
le scrissi molte volte
ma senza mai risposta.
mi dissero che si era messa in certi giri strani
e che si accompagnava con ladri e mascalzoni...
poi ieri l'ho incontrata dentro un supermercato,
l'Italia col carrello al reparto surgelati,
talmente dimagrita che mi pareva un'altra,
gli zigomi rifatti e la frangetta corta"
"Avrei voluto dirle
che avevo nostalgia
dei tempi in cui godevo
della sua compagnia,
insomma la trovavo bella,
davvero seducente
e che anche se lontano
ero pur sempre un suo parente"
"Lei mi ha guardato come si guardano i bambini,
mi ha chiesto se sapevo dov'erano i grissini,
vedendomi perplesso di scatto s'è voltata
e in men che non si dica l'Italia se n'è andata..."
"Italia antico amore
hai perso l'allegria
e forse non ricordi l'antica cortesia,
ebbene si lo ammetto ci son rimasto male,
che diamine, potevi almeno salutare!
Però malgrado tutto, ti voglio ancora bene
qualcosa di me stesso ancora ti appartiene,
ti piace far la stronza e farmi disperare,
ma so che un giorno o l'altro ti rivedrò ballare"
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